La
diffusione del coronavirus tra persone sane, la stragrande maggioranza,
è un epifenomeno che non è mai esistito: siamo già oltre il picco di
mortalità e discutiamo di meno di 100.000 presunti morti e 1.5000.000
presunti infettati e, quindi, di guarigioni oltre il 90%, in una popolazione di oltre 7 miliardi di persone! Decine, se non centinaia di malattie causano maggiori decessi.
L’invenzione
dei portatori sani a vita, della narrazione della potenziale diffusione
tra miliardi di persone del virus, sono mortaretti innocui che cercano
di mantenere in vita un virus ormai esangue, anche perché sconfitto
dall’inevitabile congiuntura stagionale, come tutti i virus influenzali.
L’evidenza
dei fatti dovrebbe determinare una qualche differenziazione di analisi,
ed infatti esiste un dibattito scientifico, che tuttavia non traspare
nella informazione giornalistica: il pensiero dei media è appiattito. Si
può fare lo zapping più esasperato, ma si ascolta sempre e solo la
recitazione del mantra della pericolosità epocale di questo virus e dei
suoi effetti devastanti.
La
sperequazione abnorme tra la realtà e il contenuto della
“comunicazione” prova che si tratta di un virus a diffusione
esclusivamente mediatica.
La
sanità è un esile pretesto, sorretto, irrobustito e veicolato dalla
compulsiva, assordante terrificante grancassa suonata cupamente,
all’unisono, dai media di qualsivoglia estrazione partitica ed in tutto
il globo.
***
Ogni quotidiano, settimanale, mensile, ogni televisione di rilevanza nazionale è di titolarità di una entità finanziario-industriale il cui capitale di controllo è schermato dietro una filiera non ricostruibile.
Per
rimanere nel nostro modesto serraglio, provate ad approfondire nel
dettaglio chi sia presente, quale azionista, in FCA, Gruppo De
Benedetti, Cairo Editore: i principale gruppi editoriali italiani.
Avanzerete all’infinito all’interno di scatole cinesi, intrecci
inestricabili, senza mai arrivare in fondo. L’opacità assoluta. Il
principio espresso vale per i media di tutto il mondo.
***
In
moltissimi Paesi gli strumenti di informazione sono unanimemente
favorevoli alle “restrizioni” della libertà personale ed al fermo delle
attività economiche, ed appoggiano i leaders che le patrocinano, siano
essi di destra, sinistra o di centro.
Se
domani mattina i principali quotidiani e le televisioni private
decidessero di depotenziare i messaggi allarmistici, assumessero come
valide le tesi dei medici e degli scienziati in genere che ritengono il
coronavirus una emergenza pienamente sostenibile con adeguati mezzi di
contrasto e cominciassero ad accusare Conte e di Maio di avere
inutilmente fermato l’economia nazionale, il primo tornerebbe al suo
studio legale ed il secondo tornerebbe a vendere popcorn. La c.d.
opinione pubblica, infatti, muterebbe a sua volta a 360 gradi la sua
prospettiva, se travolta da uno tsunami informativo di ritorno, e si
accoderebbe alla nuova opinione dei media, come ha supinamente fatto fin
ad ora.
***
Se
mai qualche povero diavolo, stranito dalla realtà, opinasse che i
giornalisti sono persone indipendenti dalla proprietà, dovrebbe leggersi
il libro che compare nella foto di apertura. Forse non ci sarebbe
stata la necessità di ribadire il concetto ovvio e scontato che i
giornalisti non sono mai contrari alla volontà ed agli interessi dei
loro editori - avete mai letto un articolo sulla “Stampa” di critica
alla Fiat ? Nel
caso specifico si tratta, comunque, di una lettura eccezionale,
dettagliata e ricca di dati di prima mano e molto più appassionante di
qualsiasi poliziesco.
Un
consiglio assolutamente da seguire: compratelo direttamente
dall’editore Zambon. La spedizione è più veloce di quella di Amazon, si
può dialogare direttamente con l’editore e si evita di finanziare una
delle più inverosimili e pericolose società del pianeta. Vi siete mai
chiesti come possa rimanere sul mitico “mercato” una società che non ha
fatto utili per anni e come possa avere attratto talmente tanti
investitori malgrado avesse bilanci in rosso? Oggi è divenuta
monopolista in numerosi settori, assumendo le vesti di agenzia di
mediazione planetaria - in un'epoca in cui si vanta come grande
progresso l’eliminazione dei passaggi da produttore a consumatore…- ed
ha cominciato a fare utili. Un investimento che è stato reso sostenibile
solo perché sorretto da una forza ben diversa da quella sprigionata
dell’emaciato Bezos…
***
Dopo queste essenziali premesse, veniamo al nocciolo del problema, che nessuno ha esaminato.
Il
capitale di controllo dei media, nel suo profondo, non può essere
danneggiato da queste misure perché, altrimenti, reagirebbe e
scatenerebbe la stampa controllata contro di esse.
I
controllori dell’informazione non sono filantropi, come è noto e come
ammettono loro stessi, (FCA non ha avuto remore a trasferire la sede
legale al di fuori dell’Italia per intercettare vantaggi fiscali, De
Benedetti vive in Svizzera, ecc…) e, anche quando si travestono da tali,
hanno sempre l’obiettivo di realizzare maggiori profitti.
Una domanda che tanti amici mi pongono è: ma gli industriali non fanno nulla e mettono a rischio le loro imprese? Potrebbero evitarlo semplicemente mutando il contenuto dei media da loro controllati.
Se Il capitale industriale che controlla l’informazione si sacrifica, all’apparenza, nell’immediato, quanto al suo dichiarato core business, e non scatena quella che dovrebbe essere la ovvia battaglia della riapertura immediata delle attività produttive, è solo perché il progetto è quello di spostare gli utili verso altro segmento di investimento e di realizzarne di maggiori in quest’ultimo.
Una domanda che tanti amici mi pongono è: ma gli industriali non fanno nulla e mettono a rischio le loro imprese? Potrebbero evitarlo semplicemente mutando il contenuto dei media da loro controllati.
Se Il capitale industriale che controlla l’informazione si sacrifica, all’apparenza, nell’immediato, quanto al suo dichiarato core business, e non scatena quella che dovrebbe essere la ovvia battaglia della riapertura immediata delle attività produttive, è solo perché il progetto è quello di spostare gli utili verso altro segmento di investimento e di realizzarne di maggiori in quest’ultimo.
Sorprendente, vero?
Se
non attuano quella che è una misura ovvia di autodifesa, il motivo è
che la distruzione dell’economia reale non spaventa chi, apparentemente,
trae da essa il suo utile.
L’epilogo
dell’analisi della bolla coronavirus ci porterà non solo
all’individuazione dell’utilizzatore finale, ma anche alla scoperta
della mutazione della fonte dei “ricavi” realizzati dalle medesime
industrie apparentemente danneggiate.
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