VERSO LO SCOPPIO DELLA BOLLA SANITARIO FINANZIARIA




La diffusione del coronavirus tra persone sane, la stragrande maggioranza, è un epifenomeno che non è mai esistito: siamo già oltre il picco di mortalità e discutiamo di meno di 100.000 presunti morti e 1.5000.000 presunti infettati e, quindi, di guarigioni oltre il 90%, in una popolazione di oltre 7 miliardi di persone! Decine, se non centinaia di malattie causano maggiori decessi.
L’invenzione dei portatori sani a vita, della narrazione della potenziale diffusione tra miliardi di persone del virus, sono mortaretti innocui che cercano di mantenere in vita un virus ormai esangue, anche perché sconfitto dall’inevitabile congiuntura stagionale, come tutti i virus influenzali.
L’evidenza dei fatti dovrebbe determinare una qualche differenziazione di analisi, ed infatti esiste un dibattito scientifico, che tuttavia non traspare nella informazione giornalistica: il pensiero dei media è appiattito. Si può fare lo zapping più esasperato, ma si ascolta sempre e solo la recitazione del mantra della pericolosità epocale di questo virus e dei suoi effetti devastanti.
La sperequazione abnorme tra la realtà e il contenuto della “comunicazione” prova che si tratta di un virus a diffusione esclusivamente mediatica
La sanità è un esile pretesto, sorretto, irrobustito e veicolato dalla compulsiva, assordante terrificante grancassa suonata cupamente, all’unisono, dai media di qualsivoglia estrazione partitica ed in tutto il globo. 
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Ogni quotidiano, settimanale, mensile, ogni televisione di rilevanza nazionale è di titolarità di una entità finanziario-industriale il cui capitale di controllo è schermato dietro una filiera non ricostruibile.
Per rimanere nel nostro modesto serraglio, provate ad approfondire nel dettaglio chi sia presente, quale azionista, in FCA, Gruppo De Benedetti, Cairo Editore: i principale gruppi editoriali italiani. Avanzerete all’infinito all’interno di scatole cinesi, intrecci inestricabili, senza mai arrivare in fondo. L’opacità assoluta. Il principio espresso vale per i media di tutto il mondo.
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In moltissimi Paesi gli strumenti di informazione sono unanimemente favorevoli alle “restrizioni” della libertà personale ed al fermo delle attività economiche, ed appoggiano i leaders che le patrocinano, siano essi di destra, sinistra o di centro. 
Se domani mattina i principali quotidiani e le televisioni private decidessero di depotenziare i messaggi allarmistici, assumessero come valide le tesi dei medici e  degli scienziati in genere che ritengono il coronavirus una emergenza pienamente sostenibile con adeguati mezzi di contrasto e cominciassero ad accusare Conte e di Maio di avere inutilmente fermato l’economia nazionale, il primo tornerebbe  al suo studio legale ed il secondo  tornerebbe a vendere popcorn. La c.d. opinione pubblica, infatti, muterebbe a sua volta a 360 gradi la sua prospettiva, se travolta da uno tsunami informativo di ritorno, e si accoderebbe alla nuova opinione dei media, come ha supinamente fatto fin ad ora.
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Se mai qualche povero diavolo, stranito dalla realtà, opinasse che i giornalisti sono persone indipendenti dalla proprietà, dovrebbe leggersi il libro che compare nella foto di apertura. Forse non ci sarebbe stata  la necessità di ribadire il concetto ovvio e scontato che i giornalisti non sono mai contrari alla volontà ed agli interessi dei loro editori - avete mai letto un articolo sulla “Stampa” di critica alla Fiat ?  Nel caso specifico si tratta, comunque, di una lettura eccezionale, dettagliata e ricca di dati di prima mano e molto più appassionante di qualsiasi poliziesco.
Un consiglio assolutamente da seguire: compratelo direttamente dall’editore Zambon. La spedizione è più veloce di quella di Amazon, si può dialogare direttamente con l’editore e si evita di finanziare una delle più inverosimili e pericolose società del pianeta. Vi siete mai chiesti come possa rimanere sul mitico “mercato” una società che non ha fatto utili per anni e come possa avere attratto talmente tanti investitori malgrado avesse bilanci in rosso?  Oggi è divenuta monopolista in numerosi settori, assumendo le vesti di agenzia di mediazione planetaria - in un'epoca in cui si vanta come grande progresso l’eliminazione dei passaggi da produttore a consumatore…- ed ha cominciato a fare utili. Un investimento che è stato reso sostenibile solo perché sorretto da una forza ben diversa da quella sprigionata dell’emaciato Bezos…
                                                          
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Dopo queste essenziali premesse, veniamo al nocciolo del problema, che nessuno ha esaminato.
Il capitale di controllo dei media, nel suo profondo, non può essere danneggiato da queste misure perché, altrimenti, reagirebbe e scatenerebbe la stampa controllata contro di esse.
I controllori dell’informazione non sono filantropi, come è noto e come ammettono loro stessi, (FCA non ha avuto remore a trasferire la sede legale al di fuori dell’Italia per intercettare vantaggi fiscali, De Benedetti vive in Svizzera, ecc…) e, anche quando si travestono da tali, hanno sempre l’obiettivo di realizzare maggiori profitti.
Una domanda che tanti amici mi pongono è: ma gli industriali non fanno nulla e mettono a rischio le loro imprese? Potrebbero evitarlo semplicemente mutando il contenuto dei media da loro controllati. 
Se Il capitale industriale che controlla l’informazione si sacrifica, all’apparenza, nell’immediato, quanto al suo dichiarato core business, e non scatena quella che dovrebbe essere la ovvia battaglia della riapertura immediata delle attività produttive, è solo perché il progetto è quello di spostare gli utili verso altro segmento di investimento e di realizzarne di maggiori in quest’ultimo.
Sorprendente, vero? 
Se non attuano quella che è una misura ovvia di autodifesa, il motivo è che la distruzione dell’economia reale non spaventa chi, apparentemente, trae da essa il suo utile. 
L’epilogo dell’analisi della bolla coronavirus ci porterà non solo all’individuazione dell’utilizzatore finale, ma anche alla scoperta della mutazione della fonte dei “ricavi” realizzati dalle medesime industrie apparentemente danneggiate. 

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