DALLA DISINFORMAZIONE AL LAVAGGIO DEL CERVELLO





In corrispondenza con il suo degradare sanitario, dovuto alla stagionalità di ogni virus influenzale, nonché all'approfondimento della ricerca, che pare mettere in discussione la sua diffusione attraverso contagio, la narrativa sulla drammaticità spaventosa del covid 19  presenta un attivismo inversamente proporzionale da parte dei media eterodiretti dai loro proprietari. 
Invece che decantare la pericolosità, si accentua l’allarmismo, spostandolo su piani diversi (coabitazione perenne con il virus, misure preventive indispensabili di continuità del distanziamento, certezza della replica il prossimo anno, ecc…)  
Assistiamo ad un mutamento dei connotati del contenuto delle “notizie”, a cui corrisponde un salto di qualità metodologico: l’accentuazione del problema malgrado il venire meno del problema. 
E’ in atto una manovra planetaria di rieducazione uniformante, attuata attraverso il dispiegamento di un sistema globale avvolgente di menzogne plurimo ed articolato, che risparmia soltanto i pochi Paesi che si sono dissociati. 
Malgrado la realtà sia quella che le misure di distanziamento hanno prodotto il verificarsi di morti sicure per fame (Colombia ed altri paesi), crisi depressive gravissime, crisi economiche spaventose, il focus viene portato, in nome del principio, del tutto condivisibile astrattamente, di tutela della salute, sull’inesistente falsa problematica, nel concreto, di evitare una ecatombe che non si è verificata, malgrado gli annunci reiterati in tal senso in questi mesi.
I decessi dichiarati per covid 19 sono incerti quanto alla riconducibilità al predetto virus,  e, comunque, anche se tutti quelli dichiarati fossero effettivamente dovuti al virus, sarebbero del tutto irrilevanti numericamente, in quanto pressochè analoghi a quelli  delle influenze degli anni passati per virus stagionale. Analogo discorso per i contagiati. I decessi per altre patologie che non siano il covid 19 sono in numero immensamente più elevato.
I Paesi che non hanno aderito alla scelta folle della chiusura della vita di relazione e dell’economia hanno tassi di mortalità nell'assoluta media degli anni precedenti. Di loro non si parla nei media, non si fanno inchieste, non si intervistano i cittadini di quei Paesi. 
La Svezia, dove tutto è rimasto sempre aperto, viene cancellata,  non è presente nel dibattito.
Sul Brasile la disinformazione licenzia una censura suggestivamente ideologica. Non si può contestare la realtà dei numeri: 1.227 decessi (cioè nulla) in  un paese che ha circa 200.000.000 di abitanti (!), è sempre rimasto aperto 24 ore su 24 e ove le aree suburbane presentano ghetti densamente abitati e privi di infrastrutture igieniche adeguate.  
L’approccio, ovvio, avrebbe dovuto essere quello di stupore, interesse, raffronto di esperienze, ed invece si liquida questo dato strabiliante con una espressione enfatica a cotè della problematica che recita: “In Brasile ha vinto la produzione”.
Una frase di vuota retorica, di contenuto suggestivo che esula dalla concreta problematica, finalizzata proprio alla rimozione del reale, come quando si vuole neutralizzare un'analisi definendola “complottistica”. 

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All’evidenza dell’insostenibilità dell’intero impianto allarmistico, si replica, quindi, da parte dei media, accentuando i messaggi di paura  e diffondendoli in spazi sempre maggiori. Il fenomeno non è casuale e non è la risultante di un approccio erroneo in buona fede. Come potrebbe esserlo, visti i dati oggettivi? 
E’ in corso il salto di qualità più pericoloso: il passaggio dalla mera disinformazione al lavaggio del cervello.
Quest’ultimo è connotato dalla presenza costante di 5 tecniche di base:
Isolamento
Controllo
Incertezza
Ripetizione
Manipolazione emotiva
Tutte queste tecniche, con studiata progressione, sono state messe in campo.
Il vettore adottato è quello della sovrainformazione a senso unico.
La nostra piccola Italia conta poco, ma corre l’obbligo di svegliare persone egregie, come gli animatori del sito Byo Blu . Essi lamentano  di avere invitato i sedicenti esperti nostrani per un dibattito, ma questi stranamente declinano sempre l’offerta. Non è solo timore del confronto, come argomentano i curatori del sito, ma è, piuttosto, strategia specifica a loro imposta.
Se si vuole veramente “imporre” una tesi al cervello altrui, infatti non si può accettare che possa sorgere nemmeno un minimo di dialogo. 
Da una modesta crepa può uscire, infatti, un po’ di luce…

Questo è ciò che il professore di virologia di fama mondiale John Oxford ha affermato sulla situazione attuale: “Direi che il miglior consiglio è quello di passare meno tempo a guardare notizie televisive, che sono sensazionali e non molto buone. Considero questa epidemia di Covid simile a una brutta epidemia di influenza invernale. Stiamo soffrendo di un’epidemia mediatica!”

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